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Considerazioni e proposte della Crui sul DDL di riforma dell'università

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(Roma, 25 febbraio 2010, documento approvato con 4 voti contrari e uno astenuto)

L’Assemblea della CRUI, nel prendere atto della discussione in corso presso la VII Commissione del Senato del Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio, ribadisce la propria valutazione di fondo circa l’inscindibilità di ogni coerente intervento riformatore da una sostanziale revisione della politica finanziaria sin qui seguita nei confronti degli atenei statali e non statali e da un conseguente pieno recupero al sistema dei drammatici tagli già operanti e previsti per il 2011.

La CRUI ribadisce nel contempo l’esigenza di fondo, irrinunciabile per il sistema universitario nazionale, che il provvedimento sia più coerentemente impostato nel senso dell’autonomia responsabile di ciascun Ateneo e dello sviluppo della valutazione quale metodo di sistema, tenendo conto delle macroaree in cui si articola l’università. Vanno conseguentemente modificati o cancellati i punti al riguardo più contraddittori e negativi presenti nel provvedimento in esame.

Quale contributo all’ulteriore approfondimento delle questioni e alla individuazione delle possibili soluzioni, la CRUI avanza i suggerimenti che seguono.

1. Una prima richiesta riguarda il primo comma dell’articolo 1, dove va esplicitato che le università sono sedi primarie di libera elaborazione e trasmissione critica delle conoscenza, va introdotto un riferimento al progresso anche tecnologico per il quale esse operano e va richiamato l’apporto positivo che esse recano non solo alla Repubblica nel suo complesso ma anche alle articolazioni territoriali di riferimento.

2. Rispetto all’articolo 2, relativo agli organi e alle articolazioni interne delle università (governance), la CRUI ritiene indispensabile prevedere una migliore configurazione del Senato accademico, rafforzandone e caratterizzandone maggiormente le funzioni.

Devono in particolare essere attribuite al Senato accademico, organo di ampia rappresentatività delle competenze scientifiche e delle funzioni istituzionali dell’ateneo, le responsabilità di definire gli indirizzi programmatici in materia di didattica e di ricerca che spetterà poi al Consiglio di amministrazione inserire, per quanto consentito dalle risorse e da una adeguata valutazione del loro impiego, nelle strategie generali dell’università; e deve parimenti essere prerogativa del Senato accademico verificarne l’attuazione e la coerenza con riguardo agli atti, alle norme ed ai regolamenti sottoposti alla sua approvazione. Non è d’altronde pensabile, in simile ottica, che il Senato accademico non abbia un ruolo “politico“ e programmatico determinante, seppure subordinato, in relazione alle competenze, alla decisione finale del Consiglio di amministrazione, rispetto alla attivazione o alla disattivazione dei corsi di studio.

Quanto alla numerosità massima del Senato accademico, la CRUI ritiene che, quantomeno in alcuni casi o situazioni, il limite di 35 membri attualmente previsti possa incidere negativamente sulla sua rappresentatività. Esso andrebbe conseguentemente ampliato di alcune unità, ad esempio considerando il rettore e la componente studentesca al di fuori del limite suddetto, restando prerogativa dell’autonomia di ciascuna università stabilire che i lavori del Senato accademico possano in parte svolgersi a livello di commissioni consultive.

Ancora con riferimento alla composizione del Senato accademico, la CRUI ritiene la versione attuale del DDL eccessivamente vincolante per quel che riguarda le incompatibilità previste con le cariche di direttore di dipartimento e di presidente dell’organo deliberante dell’eventuale struttura intermedia (scuola o facoltà). La CRUI reputa per contro che la presenza o meno in Senato delle suddette figure debba essere oggetto di autonoma deliberazione dei singoli statuti.

Per quel che riguarda la possibilità, prevista dal DDL governativo, che il presidente del Consiglio di amministrazione possa essere persona diversa dal rettore, la CRUI parimenti ritiene che la scelta relativa debba essere fatta da ciascun ateneo nel rispettivo statuto, attribuendo in ogni modo al presidente, nel caso in cui lo si preveda e quindi in presenza di un dualismo delle responsabilità, esclusivamente compiti di rappresentanza e di garanzia.

3. Un nodo particolarmente delicato e importante è rappresentato dall’ipotesi di imperniare l’articolazione interna degli atenei su dipartimenti di ampie dimensioni, attribuendo loro funzioni finalizzate sia alla ricerca sia alla didattica, e prevedendo la possibile costituzione di strutture di raccordo con compiti di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni.

La CRUI ritiene che lo schema possa funzionare, ma solo a condizione:
a) che si garantisca la possibilità per l’ateneo di individuare le modalità più congrue per la gestione dei numerosi corsi di studio che richiedono l’apporto di docenti di dipartimenti diversi, assicurando la partecipazione collegiale di tutti i docenti interessati;
b) che i criteri in base ai quali i dipartimenti vengono raggruppati in strutture non siano solo di affinità disciplinare ma anche di funzionalità in relazione alle situazioni molto diversificate che si possono presentare in ciascun ateneo;
c) che i limiti di numerosità minima per il mantenimento o la costituzione dei dipartimenti non siano rigidamente vincolanti ma prevedano quantomeno una percentuale di derogabilità;
d) che si preveda la possibilità di organizzare le strutture in questione secondo modalità specifiche laddove alle funzioni didattiche e di ricerca si affianchino funzioni assistenziali nell’ambito delle disposizioni vigenti;
e) che sia lasciata una maggiore autonomia agli statuti di disciplinare la composizione e le modalità di designazione dei componenti l’organo deliberante delle eventuali strutture intermedie, là ove istituite, ferme ovviamente restando le presenze stabilite nell’attuale versione della legge.

4. Con riguardo alle deleghe legislative riguardanti aspetti importanti della vita universitaria previste dall’articolo 5, la CRUI vedrebbe favorevolmente, in particolare per alcune materie, il superamento della delega e il passaggio a norme ordinarie più dettagliate, delle quali si possano misurare meglio gli effetti e la portata. Qualora a ciò ostino difficoltà legate ai tempi di approvazione o ad altri aspetti, la CRUI chiede in ogni caso indicazioni più dettagliate e specifiche con riguardo, in particolare, all’accreditamento, alla revisione della disciplina del tempo pieno, alla riconsiderazione delle relative incompatibilità, alla introduzione di incentivi e di forme di flessibilità grazie a cui promuovere la ricerca e l’internazionalizzazione e sostenere e favorire la mobilità.

Sul punto delicato, e che sembra aver creato equivoci, della quantificazione del complesso delle attività di ricerca, formative, di studio e di aggiornamento, gestionali e di servizio, alle quali i docenti sono tenuti, la CRUI ribadisce che la suddetta quantificazione, fissata in 1500 ore per i professori e ricercatori a tempo pieno, deve avere un carattere esplicitamente figurativo, in funzione delle esigenze per le quali essa è richiesta che sono eminentemente le rendicontazioni dei progetti nazionali e internazionali di ricerca. Parallelamente va precisato che l’attestazione dell’impegno scientifico dei professori e dei ricercatori deve fondarsi esclusivamente sui titoli prodotti e registrati presso l’istituenda Anagrafe della ricerca e sulla relazione triennale delle attività.

Questo non significa che non si ponga un problema di verifica e, se del caso, di sanzione di comportamenti impropri o di manchevolezze da parte del personale docente. L’incremento delle responsabilità istituzionali degli atenei e lo sviluppo di sistemi di valutazione che ne misurino l’efficienza e l’efficacia, presuppongono, al contrario, che nei suddetti casi si possa e si debba intervenire in maniera più efficace di quanto non accada ora. La CRUI sollecita pertanto una revisione delle attuali norme disciplinari nei confronti del personale docente, eventualmente prevedendo una ulteriore delega specifica su questo punto, prevedendo che la relativa procedura si svolga, con tutte le garanzie necessarie, presso l’ateneo, salvo dar corso alle eventuali verifiche di appello in sede nazionale.

5. Una delle deleghe al Governo previste dall’articolo 5 del provvedimento riguarda la “predisposizione di un programma triennale diretto a riequilibrare, entro percentuali definite dal Ministero, e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria, la consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori e ricercatori di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni”.
La CRUI ritiene la suddetta norma del tutto opportuna. E’ però essenziale che l’adozione da parte degli atenei dei piani in questione e dei conseguenti interventi di riequilibrio comporti l’immediato superamento degli attuali vincoli sul possibile utilizzo delle risorse liberate dal turn over, sia con riguardo alla disponibilità del solo 50%, sia con riferimento alle percentuali da vincolare, che andranno da quel momento in poi collegate non più alle disposizioni della legge n. 1/2009, ma ai piani di riequilibrio adottati.

6. Nello stesso senso, con riferimento al medesimo articolo 5, va inoltre considerata con attenzione la possibilità di prevedere tra i meccanismi di incentivazione a carico del fondo di finanziamento ordinario, di cui si parla alla lettera g) del quarto comma, risorse che possano servire (ad esempio attraverso il meccanismo del cofinanziamento) anche ad accelerare il raggiungimento degli obiettivi di cui al suddetto programma triennale, a cominciare (sarebbe bene esplicitarlo con riferimento almeno ai primi cinque anni di applicazione della legge) da un più esteso e accelerato incremento, da perseguire con decisione per varie ragioni, delle posizioni di professore associato.

Tutto ciò diverrà ovviamente praticabile solo se la programmazione finanziaria e le relative deleghe sui nuovi limiti delle spese fisse consentiranno una ragionevole programmazione pluriennale.

Di questa esigenza ci si dovrebbe fare più esplicitamente carico anche all’interno delle norme sul reclutamento previste dall’articolo 9, prevedendo percentuali decisamente più elevate di posti di professore associato da rendere disponibili nei primi anni di applicazione della legge, prima che vada a regime il sistema di tenure track previsto per i ricercatori.

Secondo la CRUI è indispensabile che si reperiscano risorse per un vero e proprio piano straordinario decennale di reclutamento (di professori associati, in primo luogo e per la quota maggiore, ma anche, ovviamente di professori ordinari, parallelamente ad un analogo piano per i ricercatori a tempo determinato), da sviluppare in corrispondenza con le numerose uscite dal ruolo che sguarniranno rapidamente gli atenei delle competenze scientifiche e didattiche indispensabili. Un piano che faccia leva sulle risorse liberate dal turn over e su cofinanziamenti ministeriali in misura adeguata.

Ciascuna università dovrebbe in particolare poter programmare su basi triennali, aggiornate annualmente in relazione alle risorse disponibili, in quali settori scientifico-disciplinari attivare posti attribuibili ai propri ricercatori a tempo indeterminato in posizione di professore aggregato che abbiano ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale, con una procedura sostanzialmente analoga a quella prevista per i futuri ricercatori a tempo determinato con tenure track.

7. Un nodo particolarmente delicato è rappresentato dalla revisione dei settori scientifico-disciplinari definita dall’articolo 7. Non va infatti dimenticato che tutti gli ordinamenti didattici in vigore o in corso di trasformazione sono basati sui SSD come attualmente definiti. Una loro consistente riduzione, se trovasse un riscontro nelle tabelle ordinamentali, ne provocherebbe la totale delegittimazione, con effetti sconvolgenti sulla tenuta dell’offerta didattica e sugli stessi requisiti che dovrebbero garantirne la qualità.
Ferma restando la necessità di mettere comunque in sicurezza gli ordinamenti in vigore, il problema ha in ogni caso una valenza più ampia. Lo smantellamento di piccoli settori al momento autonomi non è, o potrebbe non essere, un’operazione indolore sotto il profilo scientifico e culturale. Potrebbe al contrario significare la loro sostanziale scomparsa (cioè la scomparsa di studiosi che vi si dedichino con continuità d’impegno) nel giro di pochi anni.
E’ d’altra parte sicuramente fondata la preoccupazione di disporre di aree di riferimento numericamente ampie per le commissioni preposte alle procedure di abilitazione scientifica e di reclutamento.

Ma a tanto si potrebbe ugualmente arrivare evitando gli inconvenienti di convergenze forzate. Basterebbe prevedere che l’accorpamento avvenga, ove richiesto dalla ridotta numerosità degli appartenenti, sulla base delle effettive affinità, dando luogo a macrosettori, ai quali attingere nella formazione delle commissioni giudicatrici.

Tutti i settori, autonomi o accorpati, dovrebbero comunque poter mantenere la loro specificità ai fini dell’individuazione delle competenze specificamente richieste nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale e di reclutamento locale. Vanno assolutamente accantonati i possibili profili-fotografia a vantaggio di singoli candidati, ma deve essere consentito agli atenei di definire con chiarezza e trasparenza il proprio fabbisogno scientifico dal punto di vista delle effettive competenze disciplinari. Un fattore, quest’ultimo, importante anche ai fini della valutazione delle caratteristiche e delle dotazioni degli organici di ciascun ateneo in relazione agli impegni didattici e scientifici assunti.

8. Uno dei punti più qualificanti e innovativi del provvedimento è sicuramente l’introduzione della tenure track per i ricercatori a tempo determinato (ma sarebbe forse meglio decidersi a chiamarli altrimenti) in vista dell’accesso, entro tempi ragionevoli, alla posizione di professore associato.
Così come è stato attualmente previsto, il provvedimento risulta però insufficiente, dal momento che la tenure track, cioè la stabilizzazione una volta conseguita l’abilitazione nazionale a professore associato, è in realtà indicata solo come una possibilità, mentre occorrerebbe vincolare gli atenei a rispettarla, anche accantonando le risorse necessarie da mettere a disposizione nel caso in cui gli interessati che abbiano conseguito il secondo contratto superino l’abilitazione. Un’altra condizione che va esplicitata in maniera inequivocabile è che si prevedano uscite certe nell’insegnamento secondario e nella pubblica amministrazione per coloro che non conseguissero l’abilitazione.

9. Al fine di rendere più esplicite le considerazioni appena avanzate, nonché di proporre alcuni ulteriori suggerimenti su punti specifici, il presente documento è corredato da un Allegato che registra, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alcune possibili modifiche al Disegno di legge sulle quali la CRUI si permette di richiamare l’attenzione dei componenti la VII Commissione del Senato. Su alcuni punti, trattati nel documento, si è preferito non avanzare ancora proposte emendative in attesa di ulteriori confronti e verifiche; su altri aspetti la CRUI si riserva di ritornare in relazione alle eventuali proposte sul tappeto, nelle spirito di fattiva collaborazione sin qui positivamente praticato.

Allegato: alcune proposte di modifica al DDL in materia  di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio

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avatar Buckie
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You keep it up now, udnerstnad? Really good to know.
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avatar zagrlji
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avatar Carrie
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Calling all cars, clanlig all cars, we're ready to make a deal.
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avatar jdjauuve
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avatar fbtogy
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avatar harrySWEX
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Oggi gli Americani costruiscono grattacieli, che poi gli Statunitensi fanno crollare; o aprono casinò a Las vegas. Sic!!Un saluto.wyxyx

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