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ASSEMBLEA SUL DDL GELMINI:RIFORMA DELLA GOVERNANCE E DELL'UNIVERSITÀ

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MERCOLEDÌ 18/11 ORE 12.30
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

interverrà Giulio Palermo, ricercatore all'Università di Brescia

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A più di un anno dalla riforma Gelmini si stanno delineando le linee principali di cambiamento dell’università italiana. Il 28 ottobre il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che ristruttura gli atenei, a tutti i livelli.


Partiamo dalle questioni più semplici: i tagli previsti dalla legge 133/2008 Tremonti-Brunetta rimangono, non si prevedono investimenti, dato che in questi tempi di crisi l’obiettivo è ridurre il più possibile i costi. Dopo di che i privati hanno ormai la strada spianata: non tramite la trasformazione delle facoltà in fondazioni private (come veniva paventato dalla Gelmini), ma tramite l’ingresso nei consigli di amministrazione di “membri esterni”, che ne occuperanno il 40%. D’altro canto, in questa maniera si permette a manager e padronato di controllare e determinare la formazione della futura forza lavoro, evitando a costoro di dover farsi carico anche della gestione economica (e dei debiti).

Meglio infatti scaricare i costi sulle spalle degli studenti: dopo affitti, caro libri, caro vita, gli aumenti delle tasse ci sembrano il giusto prezzo da pagare per una formazione che senza dubbio ci spalancherà le porte del mondo lavorativo ( … o del call center? )



Ma qualcuno potrebbe anche apprezzare alcuni contenuti della riforma, come la riduzione a 8 anni del mandato del rettore, oppure altri palliativi riguardanti il reclutamento dei docenti, che ricordiamo, se ancora non fosse chiaro, che avviene tramite la pratica della cooptazione. Il ddl propone che il reclutamento dei docenti avvenga attraverso una «abilitazione scientifica nazionale», decisa da una commissione nazionale formata mediante sorteggio tra professori ordinari. Il sistema di caste e mafie baronali rimane invariato:a sorteggio tra 10 controllati 5 diventano controllori…

IN QUESTO DDL GLI STUDENTI NON SONO CHE CARNE DA MACELLO:
si parla di governance, di meritocrazia, di competizione, di razionalizzazione, di sprechi, di selezione: è questo il grande centro commerciale in cui hanno ridotto l’università italiana.

E come ogni buon venditore l’università sa bene come attirare i suoi clienti (alias studenti): con il gadget della rappresentanza. In un periodo in cui le rappresentanze sono votate da meno del 10% degli studenti, sono totalmente estranee alla maggior parte dei problemi reali, spuntando come funghi solo in tempo di campagna elettorale per poi scomparire subito dopo, l’università cosa fa? Decide di aumentare la percentuale di rappresentanza studentesca all’interno del cda. Ovvero come regalare cibo avariato.


E per finire la questione del MERITO. Il ddl propone la costituzione di un fondo nazionale per il merito, l’erogazione di borse di merito e prestiti d’onore. Due obiezioni:
1) la possibilità di proseguire gli studi deve essere data a tutti a prescindere dai voti e dalle medie conseguite

2) Al di là dell’estrema soggettività su cui si basa ogni valutazione, il diritto allo studio non può essere subordinato a un merito che spesso coincide con la possibilità rientrare nelle grazie dei baroni. In una facoltà come Scienze Politiche, essere meritevoli spesso significa non contestare l’ideologia neoliberista su cui i vari baroni hanno costruito la loro didattica, annullando ogni pensiero critico.

Le mobilitazioni dell’anno scorso hanno posto in maniera concreta l’opposizione alle politiche che vogliono l’università asservita alle esigenze del mercato. Ma le ristrutturazioni non riguardano certo solo il mondo della formazione, basti pensare al decreto Brunetta o ai licenziamenti sparsi in tutta Italia: diversi e differenti sono i soggetti ai quali stanno facendo pagare la crisi. Ragionare insieme su che risposte dare diventa quindi una necessità di tutti.



Assemblea studenti scienze politiche

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