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Diario da Vienna, Parte2^ | Whose streets? OurStreets!

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13032010287

Seconda parte

12marzo. All’indomani della grande manifestazione che ha travolto Vienna è iniziato il vero e proprio contro-vertice: due giorni di laboratori, workshop e assemblee per discutere come fermare il Bologna Process e come riorganizzare un movimento a livello europeo.

I workshop erano tantissimi e divisi per aree tematiche specifiche:“Bologna e la crisi dell’università”, “Educazione e tematiche di genere”, “Ricerca e insegnamento in tempo di crisi”, “Movimenti di protesta internazionali sull’educazione”, “Educazione e ingiustizie sociali”, “Democrazia, educazione e società”, “Neoliberalizzazione e politiche dell’educazione”.

A sua volta ogni area era divisa in gruppi di lavoro più specifici. Nonostante queste precise distinzioni, o forse proprio a causa di uno spezzettamento esagerato, alcuni workshop hanno dato luogo a dibatti un po’ fuorvianti, dando la sensazione di poca concretezza nel tirare le conclusioni finali, nella maggior parte dei casi.

La possibilità di un confronto a così ampio raggio aveva insiti ovviamente dei problemi di sintesi delle varie esperienze, anche se è vero che buona parte di questi problemi erano associabili al fatto che si trattava del primo incontro di realtà dell’università a livello europeo. Comunque di buono c’era l’effettivo confronto, da cui era possibile trarre riflessioni utili.

La discussione nei vari workshop ha evidenziato la presenza di parti del movimento austriaco che ponevano centrale una rivalutazione della Dichiarazione di Bologna del 1999, vista di per sé come positiva e “mal-interpretata” nelle applicazioni locali.

Una tale posizione poneva dei sicuri problemi di mobilitazione comune perché in realtà portava con sé dei vizi di analisi. Una rivalutazione di questo tipo infatti non coglie il disegno reale di asservimento della cultura e dell’insegnamento al mercato e alla competizione che si nasconde nei concetti (come quello di“aumentare l’employability degli studenti”) fondanti della dichiarazione, e per di più imputa ai singoli governi il peggioramento della struttura universitaria tramite la varie riforme non vedendo però la volontà europea di portare avanti questi provvedimenti in modo generalizzato per creare un sistema d’istruzione il cui fulcro, proprio in tutta Europa, sia la competitività in ambito mondiale, più che la cultura.

La giornata si è conclusa nella grande assemblea plenaria delle varie delegazioni che avevano partecipato alla manifestazione della giornata precedente. È stato quindi possibile affrontare in modo più specifico e dettagliato la questione “rivalutazione” e la conclusione, piuttosto logica, della discussione è stato il più totale rifiuto in tutte le loro parti della Dichiarazione di Bologna e delle Dichiarazioni che l’hanno seguita, senza idea di possibili “recuperi” positivi.

E’ stato infatti evidenziato come in tutte queste dichiarazioni fosse esplicito come scuole e università debbano seguire dei criteri di competitività e logiche di mercato, quando invece l’assemblea rivendicava l’importanza di un sapere libero, critico e comunque non legato di lavoratori magari dequalificati e sicuramente precari.

L’impressione finale era un po’ quella di aver fatto un passo indietro per poi rifarlo avanti, ma almeno questo tipo di rivendicazione era finalmente propria di quello che è il progetto del Bologna Burns.

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Ultimo aggiornamento Domenica 21 Marzo 2010 18:58  

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