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Università aperta e mentalità ristrette

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Il Politecnico apre la domenica? Sì, dal 24 gennaio la biblioteca di architettura di via Ampere sarà aperta dalle 14.00 alle 20.00.

E in Statale? Il 17 dicembre scorso siamo andati a parlare con il direttore amministrativo e la direttrice del sistema bibliotecario d'ateneo per capire perché la sperimentazione di apertura serale della biblioteca centrale di Festa del Perdono di primavera scorsa non si fosse naturalmente trasformata in un'apertura serale definitiva. Dopo aver tentato in qualche modo di sostenere che la sperimentazione era andata male – come se una media di circa quaranta studenti che si fermano a studiare di sera per tre mesi non rappresentano un'utenza che ha diritto di vedere adempiute le sue esigenze - i direttori hanno accettato di confrontarsi (abbastanza) alla pari con uniNversi. Il risultato? Un successo e una riflessione.


Con molta probabilità a breve inizierà una nuova sperimentazione di apertura serale che dovrebbe prolungarsi fino a fine giugno. Per ora non si è riusciti a strappare più di così. La colpa è stata data al blocco delle assunzioni: senza farne di nuove il personale della biblioteca centrale – passato da una quindicina di bibliotecari negli anni settanta a soli quattro di oggi di cui due in procinto di pensionamento – non è in grado di sostenere un prolungamento maggiore dell'orario di apertura né un'apertura fissa durante il fine settimana.

Ma lasciamo da parte risultati concreti e problemi tecnici – sempre che lo siano... degli sprechi di rettori e baroni si è parlato a lungo.

Quello che è emerso di molto più interessante e, contemporaneamente, inquietante è la ristrettezza di visione degli “anziani” amministratori del nostro ateneo. Dal loro punto di vista un'apertura serale non è un servizio utile per l'università perché l'area in cui la sede di Festa del Perdono si trova è una zona che, di sera, muore insieme al rientro a casa dei business-men milanesi: niente mezzi pubblici di notte, niente bar o ristoranti aperti, niente di niente.

Che la “metropoli” Milano sia una cittadina di provincia rispetto alle capitali europee non è una novità. Anche ristoranti cinesi, alimentari pakistani e kebapari, tradizionalmente grandi sostenitori dell'attività ventiquattrore su ventiquattro, hanno capito che a Milano, a mezzanotte o poco più, conviene chiudere i battenti. Eppure, cosa, se non i grandi atenei milanesi, baricentro delle energie giovani della città, potenzialmente centri di rinnovo culturale, avrebbero il diritto-dovere di influenzare in maniera alternativa la triste città della moda?

Non è così, ora, forse anche grazie alla completa mancanza di consapevolezza, da parte di chi amministra le università milanesi, del ruolo di responsabilità che l'università dovrebbe avere anche da questo punto di vista. E se la biblioteca centrale non è la soluzione perché non ci può essere uno spazio altrove ma comunque aperto al fermento culturale che dalle università può nascere?

Sicuramente il Comune non aiuta. Le sperimentazioni dell'anno scorso, che dovevano essere in parte finanziate dal Comune, sono state, per ora, sostenute unicamente dalle finanze dell'Università degli Studi di Milano dato che il consiglio comunale, nonostante le promesse, non ha ancora concretamente dato i soldi promessi. Non aiuta neppure la lentezza con cui procede la ricerca di fondi per la BEIC, la (forse) futura biblioteca europea che verrà realizzata vicino a porta Vittoria, soprattutto se si compara questa lentezza con la velocità con cui il comune ha svenduto ettari ed ettari di terreni comunali a privati con la scusa dell'EXPO.

È necessario che comune e altre istituzioni prendano in considerazione l'importanza culturale, sociale ed economica degli atenei milanesi e che si basino quindi sulle esigenze di essi per far evolvere e sviluppare Milano. Allo stesso tempo rettori e altri vari amministratori devono smettere di seguire la logica degli interessi e del prestigio personali e permettere alla ricerca vera, intesa in senso lato, di esprimersi e ispirare il giusto ruolo che l'università dovrebbe assumere in Italia e a Milano, nel nostro caso specifico.

L'apertura serale della biblioteca centrale di Festa del Perdono – come anche l'apertura domenicale di quella del politecnico – costituisce, per uniNversi, il simbolo dell'apertura dell'università e della città alla Ricerca, alla sperimentazione, allo studio. Il raggiungimento di questo o altri piccoli obiettivi non sono che il mezzo per rivendicare la libertà di espressione che la grigia Milano politicante cerca di sopprimere.

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Ultimo aggiornamento Giovedì 04 Febbraio 2010 20:39  

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