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Spigolature d’estate: Chieti è meglio di Harvard.

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Consigli per l'estate? Letture da ombrellone? Macchè, vi affidiamo oggi  all'amaro contributo ferragostano di Aldo Giannuli, docente di storia contemporanea presso la nostrana facoltà di Scienze Politiche; tratto dal sito: aldogiannuli.it

 

E’ ferragosto e ce la prendiamo un po’ con calma con cose più leggere suggerite dalla lettura di giornali di agosto, più ricchi di gossip che di alta politica (oddìo, anche negli altri mesi non è che ci sia da scialare…)

Classifiche universitarie e di maturità:  ovvero: come si fa a stabilire se Chieti è un centro di eccellenza come Harvard? Come si sa, sul finire di luglio il ministero ha pubblicato la classifica delle università italiane premiando con fondi speciali le 25 più meritevoli. Ne sono seguite polemiche a non finire sui criteri che, in effetti erano tutti da ridere. Uno era quello in base al quale erano premiate le università che facessero il minor ricorso possibile a docenti esterni a contratto.

Ma se, come all’istituto orientale di Napoli, si deve attivare un insegnamento di lingua finlandese e non c’è un solo titolare di questa lingua in tutta Italia, come si fa? E se nell’università di X è andato in pensione l’ultimo docente della materia ultra specialistica e non è possibile indire un concorso per sostituirlo, come si fa? Ma, il criterio più divertente era quello di quanti studenti si laureano sul totale e quanti in meno dei tre anni canonici. Questo deporrebbe sulla qualità della didattica. Risultato: fra le migliori università d’Italia c’è Chieti, che, come tutti voi sapere, è una fucina di premi Nobel. Infatti, a Chieto oltre il 50% degli studenti si laurea prima dei tre anni. A nessuno, però, viene in mente che questo può anche dipendere dal fatto che a Chieti i docenti siano più larghi di manica che a Palermo o a Genova.

Un ricordo personale: quando ero studente a Bari (Scienze politiche), molti miei amici iscritti a Medicina usavano trasferirsi a Chieti per un anno e poi tornare a Bari. Il motivo: a Bari  insegnava anatomia il professor Amprino, terrore di generazioni intere; il suo esame era un ostacolo invalicabile. Proprio in quegli anni, si era aperta l’Università dell’Abruzzo “Gabriele D’Annunzio”, in permanente affatto per le immatricolazioni e molto più comprensiva con gli studenti.
Certamente le cose son cambiate, però, pensiamoci un po’: che serietà può avere un criterio come quello per cui i voti conseguiti dallo studente dicono che sono bravi i docenti?
Il criterio del voto di laurea dei ragazzi o i tempi entro cui si laureano ha senso se a mettere quei voti e concedere quella laurea non è lo stesso docente o università che poi sarà premiato per averne promossi più degli altri, ma solo se gli esami li fa un altro.
Faccio una proposta: sostituiamo gli attuali esami e tesi di laurea, con alcune prove periodiche di apprendimento (meno degli attuali esami) con  commissioni di nomina ministeriale, composte in modo da evitare questa autoreferenzialità, e con test computerizzati e vediamo che viene fuori.
Gli studenti sarebbero più contenti , perchè non più costretti a dare dai venti ai trenta esami che interrompono il ritmo di studio; i docenti sarebbero ancora più contenti perchè affrancati da questa corvèe degli esami, ma soprattutto avremmo parametri un po’ più oggettivi per giudicare uomini e facoltà.

 

Aldo Giannuli, 13 agosto ‘09

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Ultimo aggiornamento Venerdì 14 Agosto 2009 22:37  

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