Ad alcuni piace chiusa...

Lunedì 12 Aprile 2010 00:31 uninversi.org
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Quando abbiamo iniziato ad occuparci di biblioteche ci siamo concentrati sulla realizzazione di un piccolo obiettivo: l'apertura serale della biblioteca centrale di Festa del Perdono. Per noi quello era il simbolo della chiusura di Milano nei confronti dei suoi studenti. Il problema, però, non è mai stato, per noi, semplicemente quello della poca funzionalità delle biblioteche milanesi; fin da subito abbiamo sottolineato come la vera sfida fosse quella di concepire l'università, e in senso più ampio, la ricerca, come il vero motore della cultura e dello sviluppo della città. In funzione di questo, quindi, la necessità di spazi, strumenti e risorse per favorire il libero corso della libera ricerca.
Ora, a distanza di un anno, la situazione ci risulta tragicamente chiara: l'atteggiamento e l'ampiezza di vedute delle istituzioni locali interessate all'argomento ricalcano fedelmente la decadenza, a cui siamo forse più abituati, della classe dirigente italiana: disinteresse per i problemi reali della società, incapacità (o non volontà) di attuare i diritti minimi previsti dalla legge, interessi clientelari e di casta prima di tutto il resto, profitto personale.
Vorremmo, dopo poco più di due mesi dal nostro entusiastico annuncio del rinnovo della sperimentazione di apertura serale della sala centrale, fare il punto della situazione. Università, Comune e Regione sono i soggetti interessati.
A gennaio è cambiato il direttore amministrativo della Statale, noi, che il 17 dicembre (vedi qui) avevamo avuto delle promesse ben precise dall'allora direttore Aiello, abbiamo chiesto un colloquio per far si che, cambiata la persona, l'”istituzione”, mantenesse la parola data: il 24 febbraio scorso abbiamo incontrato Alberto Silvani, il nuovo direttore amministrativo.
La risposta è stata un no su tutta la linea, giustificato inizialmente con un'impossibilità concreta dovuta alla mancanza di risorse economiche, e affermato con più forza, in seguito alla nostra insistenza, perché considerati interlocutori inadeguati (in quanto rappresentanti solo di noi stessi).
Siamo abituati a ricevere di queste risposte, ma alcune riflessioni sono doverose.
L'argomentazione del nuovo direttore amministrativo è stata la seguente: c'è stata una sperimentazione di apertura serale, la sperimentazione è andata male in quanto ha mostrato che l'attivazione del servizio sarebbe servita a sole cinquanta persone circa, nonostante le risorse per attivare il servizio (circa 25.000 euro) sono irrisorie per una struttura grande come la Statale l'esigenza di tale servizio non è sufficiente a giustificare la spesa, inoltre tale servizio è riduttivo e fine a se stesso perché di entità troppo modesta, avrebbe senso solo in un contesto di apertura dell'università molto più ampio, ma questo è realizzabile solo in tempi lunghi e a fronte di ampie risorse di cui non disponiamo, comunque da parte della direzione amministrativa e dell'ateneo tutto la volontà c'è. La fallacia di questo argomento sta nel fatto che l'apertura serale delle biblioteche, e dell'università in genere, viene considerata un servizio in più da attivare nel caso in cui ci sia una grande richiesta da parte di studenti e fruitori in genere, peccato che l'articolo 12.1.b della legge 390 del 2 dicembre 1991 (leggi qui) affermi: “[le università] agevolano la frequenza ai corsi, nonché lo studio individuale, anche mediante l'apertura in ore serali di biblioteche e laboratori.” Qui non si sta parlando di un qualcosa di unico e sensazionale, non si chiede di attivare un servizio straordinario di cui la Statale sarebbe prima realizzatrice a livello nazionale, no, qui si sta semplicemente chiedendo di adempiere a un dovere, per altro economicamente poco dispendioso (a detta di Silvani stesso). Ancora più irritante, inoltre, è il fatto che un'inadempienza evidente venga nascosta sotto le vesti di un'impossibilità concreta, di uno scoglio insormontabile, che l'università, per quanto volenterosa, esclusivamente con la sua grandezza di vedute e progettualità non riesce a superare.
Ma si trattasse solo di constatare la ridicolaggine del tentativo delle istituzioni di velare con un'aura di lungimiranza le loro inadempienze... Almeno altre due sono le cose ci lasciano indignati: la sufficienza con cui chi dovrebbe essere al servizio degli studenti tratta le esigenze di questi stessi e la facilità con cui  queste istituzioni, per mantenere lo status quo dell'università (non è il caso qui di approfondire ulteriormente l'uso interessato dei fondi dell'università da parte di baroni e dirigenti) scaricano la responsabilità su altri enti ed istituzioni.
Per quanto riguarda il primo punto basta raccontarvi di come ci sono stati negati e il ruolo di possibili interlocutori e la stessa legittimità di esistenza come gruppo di studenti attivi all'interno dell'università. Non siamo una “rappresentanza”, quindi non siamo omogenizzati al sistema di favori e clientele proprio della gestione dell'ateneo, quindi mettiamo in evidenza alcuni dei bisogni reali degli studenti, quindi non abbiamo diritto di parola. Semplice. Questo significa che se un'iniziativa da noi promossa potrebbe essere valida per testare, per esempio, la necessità di una biblioteca aperta la sera, essa comunque non è valida di principio. È il caso del nostro questionario dell'anno scorso (lo trovate, insieme ai risultati, nella sezione materiali): dopo che un anno fa ci era stato impedito di distribuirlo nelle biblioteche abbiamo pensato di riproporlo a Silvani come soluzione per testare il livello di gradimento del servizio bibliotecario d'ateneo chiedendo la possibilità di inviarlo via mail a tutti gli studenti della Statale. La risposta? Non possiamo giustificare che si dia tale importanza ad un'iniziativa promossa da un gruppo indipendente. Le “vostre” rappresentanze non si possono “scavalcare”. Come sempre la forma (qui intesa come burocrazia), in Italia, schiaccia la sostanza.
Sul secondo punto, invece, non serve molto per dare un quadro della situazione. Gli impegni del Comune sono come aria al vento: i cinquantamila euro promessi l'anno passato in Consiglio Comunale all'Università degli Studi per le sperimentazioni di apertura serale non sono mai stati confermati. Questo rende evidente, una volta di più, quanto, da parte di Palazzo Marino, non ci sia la volontà di finanziare gli atenei che tanto fanno girare l'economia della città con le loro centinaia di migliaia di iscritti che ogni giorno vivono Milano. Se poi si vuole vedere il problema delle biblioteche a Milano da un punto di vista più generale, pensando le biblioteche i luoghi dove concretamente la ricerca, lo studio, i saperi, la cultura nascono e crescono, il panorama è ancora più deprimente. Il ragionamento che il nostro direttore amministrativo ci ha propinato è stato: l'apertura dell'università deve avvenire all'interno di un progetto di apertura della città alla cultura di cui l'università non può essere l'unica protagonista e, poiché questa apertura non è nei progetti del Comune, noi non siamo in grado di assumerci quest'onere e ruolo. In soldoni: l'università non muoverà il primo passo. Però, come ha mostrato la mancata elargizione dei fondi promessi, e come pure l'arenamento del progetto della BEIC (qui il progetto), l'enorme e innovativa biblioteca europea che dovrebbe sorgere presso la fermata pt. Vittoria del passante ferroviario e il cui progetto risale al 1998, il primo passo non ha intenzione di farlo neppure il Comune, troppo intento a progettare tunnel autostradali sotto il terreno urbano e mirabolanti fiere internazionali (con grande diletto per l'”invisibile” mafia del settentrione). Occupazione, questa, di primaria importanza anche per la Regione, che ormai da anni scarica completamente la sua responsabilità di finanziamento del diritto alla studio al CIDIS, nonostante ogni studente paghi ogni anno alla Regione una tassa fissa per il diritto allo studio. Ma chissà, forse il primo passo lo farà direttamente il governo, e nel caso sarà sicuramente un primo passo carico di tanto, tanto, tanto amore.
Lasciando da parte l'ironia: la situazione ci pare disperata. Il rimpasto ai livelli amministrativi degli organi dell'università è servito per mantenere lo stato deprimente della gestione dell'ateneo e ribadire la volontà di schiacciare qualunque scintilla di  partecipazione e spirito propositivo. L'idea della creazione di un polo multifunzionale dedicato allo studio e alla cultura (biblioteca cittadina e spazio culturale con servizi annessi) è qualcosa di vagheggiato dalle istituzioni solo per rendere poi più plausibile la mancanza di risorse per realizzarlo. Da parte nostra, dopo un tentativo morbido di proposte e dialogo, pensiamo che si ora il momento di passare alla nuda e cruda denuncia del comportamento dei dirigenti della Statale e delle istituzioni locali. Questo articolo vuole essere un contributo in questa direzione.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 12 Aprile 2010 00:49